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Cosa hanno da raccontarci i bambini o i ragazzi che un giorno, alla fine degli anni Trenta, quasi senza preavviso, lasciarono la Germania o l‘Austria per emigrare nel Regno Unito? Come è stato lasciare la Germania così all’improvviso? Come è stato arrivare altrettanto improvvisamente nel Regno Unito? E soprattutto, come hanno affrontato il brusco cambiamento di lingua e cultura? In qualità di linguista, il mio interesse si concentra su questioni legate alla lingua: se queste persone – che oggi hanno ovviamente raggiunto un’età avanzata – siano ancora in grado di parlare tedesco, che tipo di atteggiamento hanno nei confronti della lingua tedesca e se l‘abbiano mantenuta come lingua attiva in famiglia. Dall’altro lato, il mio interesse si estende anche all’inglese: quanto di questa lingua conoscevano – se ne conoscevano – quando sono sbarcati nel Regno Unito? Come l’hanno imparato? Nel 2017 e nel 2018 ho avuto la possibilità di raccogliere una serie di interviste con persone appartenenti a questo gruppo di immigrati nel Regno Unito dalla Germania nazista, oltre che dall’Austria, dalla Polonia e dall’allora Cecoslovacchia, un gruppo quasi esclusivamente di origine ebraica. Due terzi di questi intervistati sono arrivati con il Kindertransport ufficiale, mentre gli altri – sempre bambini o adolescenti ebrei – hanno viaggiato da soli o con accompagnati da adulti. In entrambi i gruppi alcuni sono stati più fortunati, perché in seguito almeno uno dei genitori ha potuto raggiungerli, il che in alcuni casi ha significato che hanno continuato a migrare più lontano.  La maggior parte, tuttavia, ha visto i propri genitori per l’ultima volta al momento della partenza.

Attraverso contatti personali o con l’aiuto dell’Association of Jewish Refugees (AJR), ho potuto incontrare più di 40 persone di questo gruppo, e la maggior parte di loro si è dimostrata disposta a parlare con me in tedesco. Questa disponibilità a usare il tedesco non era scontata: molti di questi migranti non avevano avuto la possibilità di mantenere il loro tedesco, o più semplicemente non avevano voluto farlo. D’altra parte, ottenere le interviste in tedesco è stato fondamentale per il mio progetto, ed è ciò che lo distingue da altre ricerche in questo campo: in inglese esiste già un’impressionante mole di interviste a queste persone (e ad altre simili) – cosa non sorprendente visti gli importanti eventi di cui sono testimoni – basti pensare al progetto su larga scala noto come Refugee Voices. Tuttavia, le interviste in lingua tedesca sono poche e poco diffuse. Uno dei motivi per cui ho voluto le interviste in tedesco è l’accessibilità al pubblico di lingua tedesca: volevo che le persone della stessa generazione in Germania o in Austria – o i loro figli e nipoti – potessero farsi un’idea chiara di ciò che i giovani ebrei di quella generazione avevano dovuto passare.

Il mio approccio si basa sul metodo delle biografie linguistiche (cfr. Franceschini 2010; Busch 2013/2017; in it. Luppi & Thüne 2022). Negli ultimi anni questo metodo ha aperto nuove prospettive sul plurilinguismo e lo ha fatto con il semplice accorgimento di porre le domande giuste. Ad esempio, „come si comportano le persone plurilingui con le loro diverse lingue o con le diverse varietà della stessa lingua? Come bilanciano la conoscenza attiva e passiva di una determinata lingua?“ Gli spunti che le persone offrono quando affrontano queste domande e raccontano le loro esperienze legate alle lingue sono particolarmente preziosi quando emerge, come spesso accade, che hanno avuto un’esperienza rivelatrice che ha portato a un’improvvisa consapevolezza di ciò che significa essere parlanti di una determinata lingua o di ciò che significa per un altro essere parlante di un’altra lingua. Più in generale, ciò che mi interessa capire è come la lingua influisca sull’identità. In questo caso, i resoconti che le persone intervistate fanno delle loro situazioni linguistiche individuali sono illuminanti, perché confermano che condividere o meno una determinata lingua possa determinare il sentirsi o meno parte di una determinata comunità.

Il mio coinvolgimento personale in queste ricerche è stato originariamente innescato da uno studio su un altro gruppo di migranti di origine ebraica, i „Jeckes“. Queste persone, emigrate negli anni Trenta dai Paesi europei di lingua tedesca in Palestina/Israele, sono state oggetto negli anni Novanta di un progetto condotto da Anne Betten e le interviste raccolte in questo ambito sono andate a costituire il nucleo di quello che oggi è noto come Israelkorpus (Betten 1995/2000).

Le biografie linguistiche sottolineano molto spesso l’importanza di quella che Brigitta Busch chiama „esperienza vissuta della lingua“ (in tedesco Spracherleben). Comprendere l’esperienza linguistica vissuta di una persona significa infatti comprendere il suo repertorio linguistico, e quindi non la mera acquisizione di competenze linguistiche e il loro sviluppo lungo l’arco della vita bensì il nesso che si viene a creare tra dimensione corporea ed emozionale dell’agire linguistico, da un lato, e attitudini e pratiche linguistiche, considerate nella loro dimensione interazionale, dall’altro (cfr. Luppi & Thüne 2022).

Due esempi per dare un’idea di cosa si intende:

In tempo di guerra non si doveva parlare tedesco e anche mia madre mi diceva: „Non parlare tedesco. […]“ e „comportati da inglese“. […] Ma gli inglesi tendevano a reagire così: „Da dove vieni?“ „Vengo dalla Germania“. „Oh.“ Breve silenzio. „Come mai siete qui?“. „Siamo dovuti venire via“. Non si parlava delle origini ebraiche. (Vernon Reynolds)

L’uniforme scolastica era meravigliosa. Finalmente ero esattamente come gli altri. Non ero mai stato così. È stata una grande liberazione. Non c’erano differenze e questo era meraviglioso. (Margarete von Rabenau)

Il libro si compone di tre capitoli: il primo descrive la vita delle persone intervistate prima della partenza per il Regno Unito, i ricordi della famiglia o dei luoghi in cui avevano vissuto, la scuola, nonché l’antisemitismo e come questo ha portato alla decisione di emigrare. Il secondo capitolo racconta il viaggio verso il Regno Unito, le prime esperienze e le prime reazioni, l’improvvisa immersione nella nuova lingua e nella nuova cultura e ciò che questo ha significato per loro. Naturalmente, molti di loro hanno anche memorie vivide di come le persone nel Regno Unito interagivano con loro. Nel terzo capitolo ci spostiamo in avanti nel tempo e le persone intervistate parlano della loro vita adulta nel Regno Unito, dei viaggi che alla fine hanno fatto – o non hanno fatto – per tornare nei Paesi di lingua tedesca e nei loro luoghi di nascita. In questo contesto, le questioni del plurilinguismo, dell’identità e della tradizione familiare emergono naturalmente e vengono esaminate con attenzione.

L’obiettivo di questo libro – che in tedesco si chiama Lesebuch – è quello di mettere in contatto chi legge con queste persone che, da bambini o ragazzi, arrivarono in nel Regno Unito negli anni Trenta per sfuggire alle persecuzioni naziste nei loro Paesi d’origine. Il punto di partenza di queste interviste è stato il brusco cambiamento linguistico che i giovani rifugiati hanno dovuto affrontare: la necessità di parlare inglese e di confrontarsi rapidamente con una nuova cultura. Tuttavia, le loro risposte vanno ben oltre queste domande iniziali: gli intervistati volevano naturalmente parlare dei loro genitori, della loro drammatica partenza dalla Germania e del loro non meno drammatico arrivo nel Regno Unito. Più in generale, sono stati portati a parlare delle loro esperienze legate sia alla messa in salvo, ma anche ai traumi subiti.

Le interviste contenute in questo libro saranno senza dubbio considerate rappresentative dell’esperienza del Kindertransport nel suo complesso. Questo, tuttavia, non era il mio obiettivo. Ho invece cercato di mantenere l’attenzione sulle singole persone, sulle loro esperienze e sulle loro narrazioni personali. 

Le interviste si trovano ora nell’Archivio del tedesco parlato e dal 18 gennaio 2021 i file audio e le trascrizioni sono accessibili tramite la banca dati del tedesco parlato DGD (> Korpus FEGB – è richiesta la registrazione gratuita).

Una descrizione in inglese del corpus è qui.

Un elenco continuamente aggiornato di pubblicazioni sulle interviste del corpus è accessibile tramite Zotero.

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